Perché andare dallo psicologo? La figura dello psicologo e l’aiuto concreto che può dare

Quando si ha male ai denti, si prende un appuntamento dal dentista. Quando si ha male alla schiena, si va dall’ortopedico, o dal fisioterapista, o dall’osteopata.
Eppure, forse perché è più difficile comprendere la necessità non avvertendo un dolore fisico, non è così consueto rivolgersi a uno psicologo quando si ritiene di non stare bene emotivamente… sarebbe giusto invece ritenere normale cercare un supporto in questo ambito, esattamente come in modo spontaneo e senza troppi pensieri ci rivolgiamo al medico per avere un suggerimento, una diagnosi o un’indicazione a esami più approfonditi se avvertiamo mal di stomaco. Invece, ci si chiede perché affidarsi ad uno psicologo cercando quasi di convincersi che non sia davvero necessario, forse perché si vuole riuscire a farcela da soli, forse per ricerca di riservatezza o forse (purtroppo) per l’immagine sociale ancora poco accettata che trasmette il concetto “non ti serve davvero”, “non hai bisogno che un estraneo ti dica cosa provi”, “allora sei debole”.
Fortunatamente, negli ultimi anni (anche a seguito della pandemia di COVID-19 che ha portato molte fragilità a emergere e che ha reso più facili i consulti a distanza grazie alla tecnologia) il numero di persone che ha scelto di iniziare un percorso con uno psicologo è aumentato, e la fascia d’età si è ampliata, riunendo adolescenti, giovani adulti e persone più mature.

Cosa può fare lo psicologo per aiutare?

Quando avvertiamo malessere emotivo, quando le nostre reazioni sono anomale – magari troppo forti, magari al contrario troppo apatiche, lo psicologo può aiutare a capire l’origine profonda del problema. Forse noi riteniamo di sapere cosa ci stia facendo soffrire ma non siamo consapevoli che alla radice di quella problematica ce ne sia una più in profondità. La solitudine, la gestione di una malattia, l’ansia, la separazione, la perdita di una persona cara, la depressione (che è una vera e propria malattia, e non solo un’espressione di uso comune per indicare che si è “un po’ giù di morale”) sono situazioni in cui la persona soffre e che uno specialista può riconoscere e trattare, costruendo insieme una soluzione reale ed efficace.
Bisogna considerare che non sarà semplice. Soprattutto, non sarà immediato!

I tempi possono essere lunghi e l’impegno necessario è alto, perché il dialogo che si andrà a costruire rappresenterà uno sforzo di ragionamento, non solo una conversazione leggera. In particolare, mentre il dentista del nostro esempio iniziale cura la carie e il medico prescrive il farmaco che ci fa passare il mal di pancia (quindi entrambi forniscono una soluzione rapida), lo psicologo ha bisogno della collaborazione continuativa del paziente.

Cosa non è lo psicologo

Avete letto bene. Sappiamo tutti cos’è lo psicologo, ma è bene avere ben chiaro cosa non è, per iniziare un percorso consapevole e che non si basi sui presupposti sbagliati.

Lo psicologo:

  • Non è un amico! Non deve compatirci e dirci che andrà tutto bene per farci sentire meglio.
  • Non deve mettersi nei nostri panni. La terapia funziona proprio perché c’è un ruolo di ascolto e osservazione e di offerta di altro punto di vista.
  • Non offre soluzioni miracolose in una seduta!
  • Non è uno stregone che legge nella mente: ha bisogno di collaborazione attiva per poter comprendere il nostro “funzionamento” e proporre una strada terapeutica.

È chiaro che trovare una figura che va bene per noi non è così scontato, potrebbe esserci un primo incontro che non ci fa sentire capiti o “presi nel modo giusto”; potrebbe avvertirsi troppa empatia, che ci mette in difficoltà, oppure troppo distacco, che ci mette a disagio. Rivolgersi a più specialisti prima di trovare quello giusto è assolutamente normale: nel torinese, per esempio, tra i più apprezzati c’è lo Studio Le Vele.