Premier League padrona del calciomercato: i motivi dello strapotere e il “caso” Abraham

La crisi economica causata dal covid 19 sembra aver travolto anche il luccicante mondo del calcio, come testimoniato dal disperato grido d’aiuto di alcuni grandi club internazionali con l’idea, al momento non andata in porto, della “Superlega” europea. La complicata situazione finanziaria del calcio è ben testimoniata dalle difficoltà di due club che hanno dominato la scena nello scorso decennio: Real Madrid e Barcellona.

Il caso dei catalani è alquanto emblematico. Ed ha costretto il presidente Laporta, nonostante un accordo già raggiunto col giocatore, a dover rinunciare a Leo Messi, volato all’ombra della Tour Eiffel per vestire la maglia del PSG. I parigini, grazie all’abbondante liquidità del patron qatariota, rappresentano attualmente un’eccezione, un club che non risiede Oltremanica senza alcun problema ad allentare i cordoni del portafoglio, nonostante abbia fatto ampio ricorso ai parametri zero (garantendo laute commissioni agli agenti e stipendi da favola ai calciatori).

Premier: una strategia vincente iniziata oltre vent’anni fa

Abbiamo non casualmente accennato all’Inghilterra, la patria del football, che ancora oggi, a distanza di un mese e mezzo, si lecca le ferite per la sconfitta ai calci di rigore contro gli Azzurri di Mancini. Se in tutte le maggiori leghe europee, nessuna esclusa, si registra un calciomercato privo di grandi colpi e piuttosto stantio, nella patria di Sua Maestà i club spendono come se la crisi causata dal covid non fosse mai giunta: i casi di Lukaku (115 milioni) e Grealish (117 milioni) ne sono la miglior testimonianza.

La Premier, in tal senso, si è dimostrata resiliente ai colpi inferti dalla pandemia, riuscendo a diventare, di fatto, leader incontrastata del calciomercato. Se Real Madrid e Barcellona vendono o cedono autentiche icone per limare il monte ingaggi ed abbassare la propria esposizione debitoria, le squadre inglesi continuano ad effettuare operazioni di calciomercato con un volume di spesa identico al periodo pre-pandemico.

Ed il gap col resto d’Europa, rischia di farsi ancor più profondo. Negli ultimi tre anni, due finali di Champions League sono state di pura marca inglese, portando all’ultimo atto quattro differenti club (Liverpool, Tottenham, Chelsea e Manchester City). Una sorta di unicum, che testimonia la competitività dei clubs inglesi ai massimi livelli.

E come avveniva negli anni ‘80 e ‘90 in Italia, a fare la differenza sono i soldi. I nostri club, spesso acquistati da persone in cerca di visibilità e notorietà, non hanno saputo strutturarsi come quelli inglesi, che da fine anni ‘90 hanno impostato un’efficace strategia di marketing e valorizzazione del brand a livello internazionale, i cui frutti si sono visti nel corso degli ultimi quindici anni.

Quanto costa la quarta scelta del Chelsea campione d’Europa?

Un’operazione d’immagine che ha portato grandi benefici soprattutto per quanto concerne la vendita dei diritti televisivi. Basti pensare, ad esempio, che l’ultima classificata del campionato inglese incassa una cifra più alta della vincitrice della Serie A, fin qui incapace, purtroppo, di sfruttare la presenza di un’autentica icona del calcio come Cristiano Ronaldo.

La presenza di una stella di prima grandezza non rende automaticamente più attrattiva una lega calcistica. È fuor di dubbio che l’avvento del covid abbia complicato i piani di rilancio del nostro campionato da parte della Lega Calcio, alla quale viene richiesta, tuttavia, una maggior capacità di intercettare consensi anche all’estero, dove la Serie A, sino a qualche lustro fa, veniva percepita come il campionato più importante, dove giocavano i migliori calciatori del mondo.

Prendendo spunto da un interessante articolo apparso su Minutidirecupero.it a firma di Alessandro Ruta, lo strapotere sul mercato degli inglesi è ben testimoniato dal passaggio di Abraham dal Chelsea alla Roma. Con l’avvento in panchina di Tuchel, infatti, l’ex Villans è stato relegato ad un ruolo di assoluto comprimario, diventando, a conti fatti, la quarta scelta del tecnico tedesco.

Nonostante sia finito ai margini del progetto tecnico dei Blues, la Roma ha dovuto sborsare oltre 40 milioni di €uro per accaparrarselo. Prezzi, attualmente, che girano soltanto in Premier League, difficilmente alla portata dei club non inglesi. Certo, la Roma ha alle spalle una nuova proprietà statunitense pronta ad investire. Stupisce, comunque, che una somma simile venga investita in quella che, lo scorso anno, era la quarta scelta del Chelsea.